Sur le pont d’Avignon l’on y danse tout en rond

Provenza

“Raramente la grande bellezza e la grande virtù dimorano assieme”

Per quanto riguarda la “grande Virtù”, forse, inserendola nel giusto contesto storico, non credo dimorasse proprio ad Avignone. Sicuramente, però, la “grande Bellezza” si, e vi dimora tuttora.

Basti pensare alla bellezza di un luogo che ha fatto da sfondo ad uno dei più “alti”, letterariamente parlando, incontri: quello tra Laura e Petrarca. Immaginare Petrarca che prende aria sulle rive del Rodano, in quel “giorno ch’al sol di scoloraro per la pietà del suo factore i rai”, dopo aver incontrato Laura perché proprio non riesce a levarsela dalla testa ha un che di tormentato ma profondamente bello.

Ma lasciamo Petrarca affranto e alziamo lo sguardo sul simbolo di Avignone: il Palazzo dei Papi. 

È un modo strado quello di visitare luoghi in scala di grigi, ma visto che la pioggia è l’unico, vero e certo elemento ricorrente nei miei viaggi, ho imparato ad apprezzarlo. Senza ombre, emergono dettagli invisibili in una giornata di sole. La facciata del palazzo mi è sembrata, per un attimo, bidimensionale, come se fosse disegnata su un libro di fiabe con il tradizionale incipit “c’era una volta”.

All’interno, poi, una rivoluzione di colori. E di ricordi. Quelli di una bambina che venticinque anni fa visitava questo luogo sospeso, magico, che ha atteso pazientemente il mio ritorno e ha saputo stupirmi ancora una volta. 

Con l’immagine dei due papi, o meglio dire l’immagine ancora più suggestiva di Papa e Antipapa (quasi una figura mitologica).

Con le sue stanze pronte a rivivere nelle ricostruzioni interattive che appaiono sul tablet rilasciato all’ingresso (devo dire che sono stata piuttosto brava, da bambina, nell’immaginarmi ambienti sfarzosi, banchetti, tappeti, arazzi, decorazioni nobili e poca sobrietà).


Con il silenzio che questo palazzo continua a pretendere ed il rispetto che ancor oggi evoca. 

Con il fatto che, nonostante la miriade di turisti, riesce a farti sentire l’unico inquilino durante la visita e ti avvolge nella sua atmosfera calda e algida allo stesso tempo.

Con la sua cornice: il ponte sul Rodano.


La leggendaria influenza divina che sarebbe alla base della sua costruzione diventa quasi credibile di fronte alla sfida agli elementi evidentemente vinta per la sua realizzazione.

E, in effetti, diciamocelo: lo spettacolo di questo ponte e del Rodano che scorre maestoso, indifferente prima alla sua costruzione e poi alla distruzione durante la crociata albigese ha dello straordinario.

Mi piace pensare che, stando qualche minuto in silenzio sul bordo frastagliato e mozzato, con gli occhi chiusi e l’orecchio teso, sia possibile avvertire l’eco metallico dei passi dei crociati che incedevano contro i Catari e lo scherno delle rovine verso i traghetti e il ponte in legno che hanno preso, negli anni, il posto di una struttura solenne e magniloquente.

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